L’INTIMAZIONE DI PAGAMENTO EQUITALIA E’ NULLA SE NON VIENE ALLEGATA LA CARTELLA ESATTORIALE

L’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente testualmente recita: “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n.241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.

La norma appena richiamata rappresenta un corollario imprescindibile del diritto di difesa del contribuente costituzionalmente tutelato ex art. 24 Cost.

Per questi motivi l’intimazione di pagamento notificata al contribuente senza l’allegazione dell’atto prodromico richiamato deve ritenersi carente in punto di motivazione con una evidente compressione del diritto di difesa del contribuente il quale si confronta con un atto asettico, privo dei riferimenti minimi necessari per difendersi o quanto meno per avere contezza delle ragioni e delle origini della pretesa avanzata.

Il principio generale dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi sancito dall’art. 3 della l. n. 241/1990 deve ritenersi applicabile anche agli atti emanati dall’agente della riscossione poiché, giusta affermazione fornita dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18415/2005, “una diversa interpretazione si porrebbe in insanabile contrasto con l’art. 24 Cost.”.

L’adeguata motivazione dell’atto impositivo deve essere intesa, dunque, in un rapporto di relazione con il diritto di difesa del contribuente il quale deve essere posto in una condizione tale da esercitare pienamente il proprio diritto difesa (si vedano in merito Cass. sentenza n. 18306/2004, Cass. sentenza n. 10209/2010, Cass. sentenza n. 2907/2010).

Il difetto di motivazione rende pertanto nullo l’avviso di intimazione per violazione del diritto di difesa del contribuente.

Il modello di intimazione utilizzato da Equitalia, infatti, si limita a richiedere al contribuente il pagamento dell’importo della cartella senza fornire allo stesso nessuna motivazione circa la pretesa avanzata né l’indicazione dell’ente impositore.

Proprio l’indicazione della presunta cartella di pagamento all’interno dell’intimazione rende necessaria l’allegazione dell’atto prodromico a cui si fa riferimento. Ne deriva che, laddove Equitalia si limiti ad indicare il numero identificativo della cartella di pagamento e la presunta data di notifica della stessa senza nessuna allegazione della cartella di pagamento né di altra documentazione, si avrà ovviamente nullità dell’intimazione.

Come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1825/2010, visto l’art. 7, comma 1, della l. 212/2000, non è sufficiente che il documento richiamato sia conoscibile dal contribuente, ma è necessario che gli atti a cui si rinvia “siano allegati o comunicati al contribuente”.

Senza trascurare il fatto che, sovente, la notifica della presunta cartella di pagamento (atto presupposto) risale a più di 5 anni prima con conseguente impossibilità per il contribuente, al quale viene “concesso” un termine di 5 giorni per pagare, di richiedere presso gli uffici di Equitalia copia della cartella e della relazione di notifica ex art. 26, comma 4, DPR 602/1973 ( https://www.consulenzatributariaefiscale.it/news/hai-ricevuto-unintimazione-di-pagamento-da-parte-di-equitalia-richiedi-copia-della-cartella-esattoriale-/ ).

Per vederci chiaro.

Dott. Giuseppe Mecca

dott.mecca.giuseppe@gmail.com