CASSAZIONE: IL FALLITO CONSERVA SEMPRE LA LEGITTIMAZIONE A RICHIEDERE IL CONDONO FISCALE

In caso di inerzia del curatore, il fallito deve ritenersi legittimato a richiedere la definizione agevolata delle liti pendenti, come disciplinata dall’art. 16 della legge 289/2002 che così recita:

“1. Le liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio, nonché quelle già di competenza del giudice ordinario, ancora pendenti dinanzi al tribunale o alla corte di appello, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento della somma:
a) di 150 euro, se il valore della lite e' di importo fino a 2.000 euro;
b) pari al 10 per cento del valore della lite, se questo e' di importo superiore a 2.000 euro.
2. Le somme dovute ai sensi del comma 1 sono versate entro il 16 marzo 2003, secondo le ordinarie modalità previste per il versamento diretto dei tributi cui la lite si riferisce, esclusa in ogni caso la compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni. Dette somme possono essere versate anche ratealmente in un massimo di sei rate trimestrali di pari importo o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro. L'importo della prima rata e' versato entro il termine indicato nel primo periodo.
Gli interessi legali sono calcolati dal 17 marzo 2003 sull'importo delle rate successive. L'omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina l'inefficacia della definizione; per il recupero delle somme non corrisposte a tali scadenze si applicano le disposizioni dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, e sono altresì dovuti una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima, e gli interessi legali.
3. Ai fini del presente articolo si intende:
a) per lite pendente, quella avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge, e' stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato. Si intende, comunque, pendente la lite per la quale, alla data del 29 settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato;
b) per lite autonoma, quella relativa a ciascuno degli atti indicati alla lettera a) e comunque quella relativa all'imposta sull'incremento del valore degli immobili;
c) per valore della lite, da assumere a base del calcolo per la definizione, l'importo dell'imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento; in caso di liti relative alla irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, delle stesse si tiene conto ai fini del valore della lite; il valore della lite e' determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati.
4. Per ciascuna lite pendente e' effettuato, entro il termine di cui al comma 2, un separato versamento ed e' presentata, entro il 21 marzo 2003, una distinta domanda di definizione in carta libera, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore del competente ufficio dell'amministrazione finanziaria dello Stato parte nel giudizio.
5. Restano comunque dovute a titolo definitivo, con esclusione delle sanzioni, le somme il cui pagamento e' previsto dalle vigenti disposizioni in pendenza di lite, anche se non ancora iscritte a ruolo o liquidate. Dette somme, se non pagate in precedenza o non iscritte in ruoli notificati mediante cartella di pagamento, sono versate secondo le modalità e nei termini specificati al comma 2; se iscritte a ruolo e già notificate alla data del versamento di cui al comma 2, le predette somme sono pagate alla scadenza della relativa cartella. La definizione non da' comunque luogo alla restituzione delle somme già versate.
6. Le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente articolo sono sospese fino al 30 giugno 2003; qualora sia stata già fissata la trattazione della lite nel suddetto periodo, i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo.
7. Per le liti di cui al comma 6 sono altresì sospesi fino al 17 marzo 2003 i termini per impugnare le sentenze delle commissioni tributarie nonché quelle dei tribunali e delle corti di appello.
8. Gli uffici di cui al comma 1 trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello, entro il 30 giugno 2003, un elenco delle liti pendenti per le quali e' stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 31 luglio 2005. L'estinzione del giudizio viene dichiarata a seguito di comunicazione degli uffici di cui al comma 1 attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto. La predetta comunicazione deve essere depositata nella segreteria della commissione o nella cancelleria degli uffici giudiziari entro il 31 luglio 2005. Entro la stessa data l'eventuale diniego della definizione, oltre ad essere comunicato alla segreteria della commissione o alla cancelleria degli uffici giudiziari, viene notificato, con le modalità di cui all'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, all'interessato, il quale entro sessanta giorni lo può impugnare dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la lite. Nel caso in cui la definizione della lite e' richiesta in pendenza del termine per impugnare, la sentenza può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla sua notifica.
9. In caso di pagamento in misura inferiore a quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità dell'errore, e' consentita la regolarizzazione del pagamento medesimo entro trenta giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione dell'ufficio.
10. La definizione di cui al comma 1 effettuata da parte di uno dei coobbligati esplica efficacia a favore degli altri, inclusi quelli per i quali la lite non sia più pendente, fatta salva la disposizione dell'ultimo periodo del comma 5”.

A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6248/2014 del 18 marzo scorso con la quale è stato respinto il ricorso di una società che si opponeva al fallimento dell’azienda (propria cliente) deducendo la mancanza di legittimità del fallito.

A ben vedere, infatti, il fallimento del contribuente non pregiudica la sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e, come tale, nell’ipotesi di inerzia degli organi fallimentari, deve ritenersi assolutamente legittimato ad accedere alle situazioni di condono.

D’altronde, la perdita della capacità processuale derivante dalla dichiarazione di fallimento ha un carattere relativo e non esclude la posizione di soggetto passivo del contribuente all’interno del rapporto con il fisco.

Sulla base di queste argomentazioni, i Giudici della Cassazione hanno affermato che “in altri termini, l’amministratore della società fallita era certamente legittimato a proporre l’istanza di condono non risultando dedotta alcuna attivazione della procedura sul punto” da parte degli organi fallimentari.

La Cassazione, infine, ha chiarito un anche aspetto più marginale relativo alla giurisdizione. Quest’ultima, infatti, sulle questioni relative al debito tributario è attribuita esclusivamente alla commissione tributaria e non al Tribunale fallimentare sull’ammissione dei crediti al passivo.

Per vederci chiaro.

Dott. Giuseppe Mecca

dott.mecca.giuseppe@gmail.com